Il primo, il perfetto e il perduto

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Persino in questi tempi così moderni, molto probabilmente avete vicino a voi, nei dintorni, diciamo a portata di mano, almeno una corda. Non dico un grosso canapo o una corda strafforzinata, roba da specialisti, ma almeno un cordino, una stringa, un laccio, un semplice spago. 
È anche molto probabile, sappiatelo, che quella corda possa aiutarvi a risolvere una delle chissà quante grane che vi capiteranno oggi o domani tra capo e collo.

Se sarete capaci di fare il nodo giusto, ovviamente.

Perché, come scriveva Clifford W. Ashley nel suo famoso Ashley book of knots, “nessuna corda può servire a qualcosa senza che vi sia fatto un nodo”. Potrebbe essere il veloce #1859 NODO BOCCA DI LUPO, oppure il pratico #293 NODO INGLESE o ancora il semplice #1665 NODO DEL MURATORE.

Ma chi era questo tale, questo Ashley, che ha messo insieme un inventario di nodi?

Il marinaio artista che scrisse un libro

Clifford Warren Ashley era uno che aveva in testa parecchie cose: gli piaceva il mare, gli piaceva dipingere e gli ovviamente gli piaceva dipingere il mare; ma era affascinato anche dai circhi e dalla caccia al capodoglio; e soprattutto, sopra ogni cosa, amava i nodi.
Ne era talmente ossessionato da spendere una buona parte dei sessantasei anni che ebbe a vivere, dal 1881 al 1947, interrogando ogni genere di persona che avesse qualcosa da riferire sull’arte di annodare: chirurghi e tappezzieri, ciabattini e pescatori, marinai soprattutto; ma anche cow-boy, ricamatrici, prestigiatori, impagliatori, macellai, scalatori, paracadutisti, arcieri, musicisti, campanari, boia. Da ognuno coglieva una piccola o grande fibra di sapere che intrecciava alle altre con cura, all’inizio senza ancora immaginare che quella enorme mole di nozioni che andava raccogliendo si sarebbe, prima o poi, trasformata in un libro. 

E che libro. Oltre seicento pagine fitte di nodi di ogni tipo: gasse, gruppi, legature, bottoni, fasciature, impiombature, trecce, paglietti, intugliature; tremilaottocento voci, dal #46 NODO SEMPLICE, che tutti conoscono, alla #3028 TRECCIA EQUILATERA TRIANGOLARE A NOVE FILACCE, inventata da Ashley e da lui perfino brevettata; migliaia di illustrazioni realizzate da lui stesso, definizioni, esempi, aneddoti, consigli. Un trattato, un’enciclopedia, una biblioteca, una vita intera dedicata ai nodi e poi messa su carta, impaginata in buon ordine.

Sapevate che si può usare il #191 NODO PER CARNI SALATE per legare certi insaccati?
Sapevate che per fissare il tirante di una tenda a un paletto quando si prevede brutto tempo è meglio usare il #205 NODO PER TEMPO UMIDO, che tiene bene e si slega facilmente anche da bagnato?
Sapevate che esistono il #1032 CAPPIO ORNAMENTALE CINESE, il #843 NODO PETTORALE AD ANGOLO RETTO e la #1987 GASSA SCORSOIA DEL PESCATORE DI GRANCHI?

Tutti questi e molti altri ancora li potete trovare nel tomo di Ashley. Da oltre un secolo le menti di grandi matematici esplorano la teoria dei nodi e tentano di venirne a capo; hanno imparato molte cose che tornano utili in fisica, chimica e biologia molecolare, ma un rigoroso e definitivo metodo di classificazione dei nodi non l’hanno ancora messo a punto. Ashley però tutto questo non lo ha mai saputo e il suo meraviglioso catalogo l’ha messo insieme comunque, con meticolosa precisione: “un nodo non è mai quasi giusto; o è perfetto o è irrimediabilmente sbagliato, non c’è nulla nel mezzo”.

Mani, occhi, mente

Che in questi tempi così moderni, tempi di cordless e di wireless, si facciano ancora nodi, può sembrare strano. O magari no. Funi e lacci, di qualsiasi materiale, insieme ai nodi che li uniscono, intrecciano o fissano, sono compagni dell’uomo da non si sa nemmeno quanto tempo. E oggi ancora ce li ritroviamo addosso: al collo, nelle scarpe e nei vestiti; nei campi e sul mare, in montagna, in cantiere, in casa. Stringono, come fa il #1114 NODO SCORSOIO; assicurano, come l’utilissimo #53 NODO PARLATO; abbelliscono, come il #2417 VERO NODO D’AMORE.

Quella corda che avete a portata di mano? Prendetela. Fatela scorrere tra le dita. È liscia o ruvida? Assecondate la tensione delle fibre. Chissà di che materiale è fatta? Stimate il peso, valutatene la rigidità. Che sforzo potrebbe sopportare? Provate a incrociare le due estremità, come vi viene. Fate una volta nel doppino, o un mezzo collo. Anche se non sapete cosa sono.
Ci sono molte cose utili che si possono fare con il nodo appropriato, anche in tempi come questi in cui legare sembra passato di moda, eppure i nodi non si fanno mica solo per bisogno: oltre all’utilità pratica c’è anche, innegabilmente, un piacere nel maneggiare, attorcigliare, tendere, sciogliere. 

Provate a fare una bella #1010 GASSA D’AMANTE per rendervene conto. Tentare di riprodurre l’intreccio, inseguire il percorso della cima che si avvolge intorno a se stessa, scegliere da che parte farla passare, lasciarla cadere e riprenderla e condurla per il giusto verso, fino a serrare il nodo. Vedere il groviglio che cambia mentre viene stretto, come se davanti ai vostri occhi si ricomponesse un fregio che un attimo prima era rotto. Ammirare il rompicapo risolto dalle vostre dita, il fiore che avete fatto sbocciare. La soddisfazione di aver imparato una cosa e di aver imparato a farla. Il nodo funziona, è solido, non trema, la sua precisione geometrica appaga, la sua efficacia gratifica. E poi, a comando, il nodo ridiventa corda nuova, intonsa, come mai usata, pronta per la prossima esecuzione.

E’ un piacere per le mani irrequiete, che non stanno mai ferme, desiderose di plasmare la realtà con i loro piccoli e precisi movimenti. Un piacere per gli occhi, sempre in cerca di ordine, proporzione e curve graziose. Ma è anche un piacere per la mente curiosa, che vuole osservare, capire, creare.

La caratteristica umana per eccellenza

Forse non è proprio un’idea così sballata quella proposta da Ashley all’inizio del libro: cioè che non sia stata solo la necessità ad aver spinto l’uomo a inventare e perfezionare infiniti modi di annodare, ma piuttosto la noia, unita alla disponibilità di materia prima. Lunghe attese e cordame di scarto, due cose che non mancavano nei viaggi per mare di un tempo; ed ecco che i marinai divennero veri maestri di nodi. 

E non è nemmeno assurdo che, sempre secondo Ashley, il grande rivale del nodo fu per un certo tempo proprio lui: lo smartphone. Ah, no, scusate. Volevo dire, proprio lui: il libro. Una piccola biblioteca, la possibilità di leggere qualcosa, questa fu la soluzione che si trovò per alleggerire i marinai del peso del lungo isolamento forzato; e con la comparsa del libro a bordo, il nodo trovò un degno avversario.

Il libro tiene occupate le menti, riempie gli occhi, impegna le mani; esattamente come il nodo. E non si tratta solo questo, credo. I nodi, come le storie, sono intrecci. Ci sono inizi e chiusure, protagonisti e trame secondarie, ampi giri, strozzature, svolte improvvise, cerchi che si chiudono. 

I nodi sono storie. Per questo ci piacciono ancora e sempre. Una volta giunti alla fine, è tutto lì, in bella vista tra le nostre mani; eppure, tutto ci affascina ancora e non di rado qualche dettaglio della trama è rimasto misterioso, incompreso. I nodi si sciolgono e si possono rifare infinite volte, come infinite volte e sempre con emozione si ripercorre una storia avvincente. E poi, anche i nodi si possono trasformare: basta una scelta diversa a un certo punto, il corrente che passa sopra il dormiente invece che sotto, ed ecco che tutto cambia verso, direzione, senso. Dopo averne visti tanti, si inizia a provare il desiderio di inventare nodi nuovi, componendo e mescolando infinite varianti e possibilità. 

“L’arte di fare i nodi”, scriveva Calvino, “culmine insieme dell’astrazione mentale e della manualità, potrebbe essere vista come la caratteristica umana per eccellenza, quanto e forse più del linguaggio” (Italo Calvino, Collezione di sabbia).

Ci saranno sempre nuovi nodi

Dunque, se volete un consiglio, quella corda che avete in mano adesso ve la mettete in tasca. Sarà la vostra arma segreta in questo mondo così moderno, così connesso eppur slegato al tempo stesso. E vedrete che a un certo punto, in un momento di noia qualsiasi, invece di leggere o scrollare, la tirerete fuori dalla tasca; per farci cosa?

Io vi suggerisco di iniziare con il #1402 NODO PIANO. Buono per incominciare, Ashley racconta che fu il primo nodo che imparò, quando aveva appena tre anni. È bello, con la sua forma così semplice e regolare. È facile da fare ma richiede qualche attenzione, aiuta a prendere confidenza con la corda. Se fatto bene e con le corde giuste è resistente e si scioglie senza troppa fatica. Partite da qui.

Dopo un po’ potreste passare al #1439 NODO CARRICK, detto anche DOPPIO NODO VACCAIO o NODO DA TONNEGGIO. Per Ashley “ciò che più si avvicina al perfetto nodo di congiunzione”. Una trama armoniosa, tanto che si usa anche come nodo ornamentale; una stretta robusta, che non cede nemmeno se i cavi sono bagnati o se vengono tesi e rilasciati molte volte; un intreccio che non danneggia o indebolisce la corda e che si slega facilmente quando è necessario. Occhio, però: è più impegnativo e va eseguito con cura e precisione: ha molte varianti, tutte pericolose, molto meno salde e sicure del nodo corretto.

E poi, se ve la sentite, tentate il mitico nodo #2545. Il migliore, a mio parere. Si trova nel bel mezzo del capitolo trentatreesimo: “Trucchi e rompicapo”. Se scorrete il testo originale fino a qui, non troverete nessuna illustrazione, solo questa riga: “This knot was mislaid”. Non fidatevi della traduzione italiana, in questo punto è evidentemente sbagliata; il significato corretto è: questo nodo è andato perduto, non si trova più, è stato smarrito. Perduto? Come perduto? Eh, beh, immaginatevelo, l’archivio del nostro autore: appunti, elenchi, bozze, fogli e biglietti, scritte e disegni. Scrivanie ingombre, scaffali pieni. Quello da mettere qui se lo sarà perso dietro un comò o sarà volato via con il vento; chi lo sa dov’è finito? E cosa vuoi fare, a questo punto? Rinumerare tutti i mille e passa nodi che ci sono ancora da qui alla fine del manoscritto? Ma no, figurati, meglio mettere una nota e proseguire così, non se ne lamenterà nessuno. E poi, non è meraviglioso un libro che lascia spazio per una storia in più? 

“Ci sono molti vecchi nodi che nessuno ricorda più e fino a quando sorgeranno nuove necessità, ci saranno sempre nuovi nodi da inventare” sta scritto alla fine del grande libro.

Qual era il nodo perduto di Ashley? Chi mai lo scoprirà? Il nodo #2545 è il prossimo nodo, quello che non sappiamo più o che non sappiamo ancora, quello che abbiamo dimenticato o che ancora dobbiamo sognare. Quello che ci costringe a fare senza le istruzioni, per necessità, per piacere, per sfida. 
Potrebbe essere il vostro. 
Tentate.


P.S.: pensate un po’, proprio il 18 settembre, anniversario della morte di Clifford Ashley, è stato scelto dalla International Guild of Knot Tyers per celebrare il World Knot-Tying Day. Se in questa giornata annodate un bel nodo, fategli una foto e condividetela: #worldknottyingday.

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Matteo Forti
Matteo Forti
È da quando sono piccolo che cerco di imparare a diventare grande. Nel frattempo sto imparando anche altre cose: un po’ di chimica, un po’ di pazienza, leggere, scrivere, saltare i fossi, andare in bicicletta, metter su famiglia. Vorrei imparare a ragionare bene come il famoso ragionier Gamberoni, quello della medaglia con il buco d’argento. Le storie, secondo me, aiutano. Metto i pantaloni corti tutte le volte che posso, anche in inverno.