Dove non sono stata mai

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Sulla strada c’è traffico.
Parliamo senza filtri, ogni tanto succede.
Forse è per quello che lo dici naturale, senza preavviso.

Ieri siamo andati dall’avvocato.
Per quella storia?
Dice che non si può fare granché. Se ha rubato, ha rubato.
Serve un ordine restrittivo?
Forse.
E poi?
Di certo chiederà il nostro aiuto. Per quello siamo andati.
E voi…
No.

Quel “no” pesa.

Pesa come hanno pesato gli anni dove hai maturato di non poter diventare madre di suo figlio. Lui però era solo uno che non poteva amarti.

Lei, invece, è tua sorella.

Me ne avevi parlato la prima volta come oggi, senza preavviso, un giorno per caso fra i tanti che abbiamo vissuto assieme, su quella strada.

Tu guidi, io al tuo fianco.

Guardo la scena mentre la racconti, me la immagino anche se non so che facce abbiano i tuoi.
Io che so il tuo vissuto, e ascolto. I tuoi 40 anni passati a sperare che a un certo punto tutto finisse come finisce il turno al bar o alla cassa di un supermercato.

Mentre la speranza di diventare madre del figlio dell’uomo sbagliato si sbriciolava, e tu con lei. I tuoi pezzi li avresti potuto raccoglierli sui pavimenti di troppe case.

Le tue sono parole pesate, ragionate.

Sono quelle di chi quei pezzi li ha raccolti con pazienza, messi in una scatola in attesa che potessero tornare a stare insieme, incollati alla bell e meglio ma almeno che stessero insieme. Ce l’hai anche fatta.

Quante conversazioni si possono fare in una macchina come questa, quante avranno lo stesso peso stamane mentre proseguiamo la marcia in una mattina d’un giorno qualsiasi.

In quanti come me e te, oggi.

C’è un clacson che suona sullo sfondo mentre lo dici.

Sai, ha anche provato ad ammazzare mio padre.
Faccio silenzio.
Colpa del crack.
Resto ancora zitto.
Ma non le abbiamo potuto fare granché.

C’è la strada e ci siamo noi due, io con la mia storia, tu con la tua.

Ora basta, però. Ha rubato di nuovo.
E sto zitto, ancora e ancora.

A che serve dire che ti spiace quando quella roba rimane sulle spalle di chi ascolti.
A che serve, se tanto tu non lo puoi sapere, cosa si prova.

Tu però capisci, anche se non mi guardi e tieni lo sguardo sulla strada.
Metti la freccia mentre sorpassi un coglione che non sa mettersi sulla corsia giusta.

Quello ha preso la patente a Cuneo, dico.
Ridi di gusto, all’improvviso, per quella stronzata che ho tirato a caso.

All’improvviso siamo da un’altra parte.

Sai, mi piacerebbe andare a Parigi, ti dico.
Ci sei stato tante volte? mi chiedi.
Non era la cosa che mi aspettavo dicessi, dico.
Cosa avrei dovuto dire?
Quante volte ci sei stata tu.
Ma guarda ‘sto coglione, metti la freccia, dici guardando un altro che non cambia la corsia quando deve.
Quanta gente di Cuneo che c’è qui.
Sorridi ancora, e poi silenzio.

Oggi abbiamo da fare quella roba per Marcello, ti ricordi?
Sì, certo.

Acceleri ancora.
Però non mi hai risposto.
A cosa?
A Parigi.
Cosa mi hai chiesto?
Ci sei mai stata?
Sì, una volta.
Ah ecco, mi faceva strano.
Che non ci fossi mai stata?
Eh sì.
No, lì sì, ci sono stata.
Ci torneresti?
Non lo so. Lo dici mentre te lo stai chiedendo, e lo vedo che è un dubbio che ti senti addosso.

La strada non è finita. Il silenzio è così denso che non so se possa diventare tempo.

Ogni tanto mi chiedo cosa abbiamo sbagliato, dici.
Su tua sorella, dici?
Già.
Niente, credo.
Credo anche io.
Stai un attimo in silenzio, poi metti la freccia. Toc toc toc toc.
È che non voglio finire più a pezzettini.

Lo dici mentre siamo arrivati. Parcheggi e io non ho più cose da dire.
Scendiamo dall’auto.

Camminiamo fianco a fianco.
Guardo i tuoi pezzi incollati e li sento che strofinano uno sull’altro. Posso vedere le suture e la colla che è strabordata, le crepe e i segni del materiale che si è scomposto, avendo paura che a ogni passo possano staccarsi uno dall’altro.

Ma tu continui a camminare, guardando avanti.

Ti ricordi tutto per quel lavoro di Marcello, dici.
Sì, ti rispondo. Lascia che ti porti la borsa.
Non è il caso, rispondi sorridendo.
Ci tengo.

Chissà in quanti posti non sei mai stata.
Non aver paura.
Ti aspettano, tutti.


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